Un invito a partecipare in un seminario sulla Shekhinà nel dipartimento di Cabbalà dell’Università Ebraica di Gerusalemme è stato un momento che mi ha cambiato la vita. Dopo quella mezza giornata sapevo: ho trovato ciò che la mia anima desidera assieme alla riscoperta del significato e del valore del Femminile. Da quel momento in poi ho dedicato la mia vita allo studio della “saggezza velata”, chokhmàt-hanistar, uno studio che è diventato un modo di vivere, una passione cui “acque abbondanti non possono spegnere l’amore e neppure i fiumi lo possono estinguere”.
Un amore intimo, privato, ma poi arriva la richiesta da singoli e poi dal pubblico di condividere, svelare, raccontare. Non era nelle mie intenzioni, ma così opera il corso del fiume della vita, ti dirige là dove devi essere.
Ero in Israele quando mi è arrivata la richiesta dal Centro Culturale Ebraico “Il Pitigliani” di Roma, di stabilire un corso mensile sulle donne nell’ebraismo. Avevo appena notato che il midrash rammenta la presenza di sorelle gemelle nate sia con Caino e sia con Abele, ma non solo, con ogni figlio di Giacobbe è nata una sorella gemella ma con l’ultimo, Beniamino ne erano nate due. Da qui, la presenza non solo delle dodici tribù d’Israele, ma anche di una tribù al femminile composta da tredici sorelle. Da qui, il nome di questo ciclo di conferenze: “Voci nel silenzio: le tredici figlie smarrite di Giacobbe”.
Grazie all’interesse suscitato da parte del pubblico e la collaborazione di Alessandra Pontecorvo nella stesura dei testi è venuto alla luce il libro “La Saggezza Velata – il femminile nella Torà” (La Giuntina, 2004).
“L’approfondimento dello studio delle figure femminili che compaiono nella Torà richiede una chiave interpretativa nuova poiché a nostro avviso ciò che è riferito alle figure maschili rientra nella categoria dello s-velato, palesato in modo evidente; la parte velata, non detta, è invece affidata alle figure femminili. Non c’è in questo assunto alcun giudizio di valore o concettuale: la complementarità maschile-femminile, luce-ombra, è un cardine imprescindibile nell’analisi della narrazione biblica”.
“Da un punto di vista stilistico i singoli capitoli del nostro libro sono delle unità compiute in se stesse, ma attraversate da un discorso unitario che affronta il tema della spiritualità femminile in ambito ebraico in numerose accezioni.
In primo luogo, vi è l’intenzione di definire la valenza spirituale del femminile-velato-interno rispetto alla spiritualità maschile-svelata-esterna, per passare a mostrare il modo in cui le figure bibliche, e in particolare quelle femminili, racchiudono, segnalano, mostrano e raccontano il valore e l’azione di tale spiritualità.
Il punto di partenza è la constatazione di quanto queste figure femminili e la spiritualità da loro espressa siano state finora poco studiate per mostrare come ora, invece, abbiano iniziato a parlare, a parlarsi, a rendersi complementari alle voci maschili.
Nell’esposizione della Pinhas il pensiero spirituale ebraico emerge in tutta la sua tridimensionalità: la dimensione divina, la dimensione maschile e quella femminile.
La dimensione divina si esprime in tutta la sua complessità attraverso due polarità, quella maschile e quella femminile. Nella Creazione, la donna viene formata dalla costola, da un osso. E l’osso costituisce la struttura del corpo umano. Il resto ne è la copertura ed è simboleggiato dal maschile.
Come all’uomo è dato il compito di cercare la donna per ritrovare la costola che gli è stata tolta, l’osso che gli dà sostegno, così, nella sua elaborazione del pensiero biblico, l’Autrice studia in che modo l’aspetto maschile cerchi l’aspetto femminile; ne nasce un parallelo, ma anche un rapporto dialettico, fra il Midrash e la Cabbalà, tra il pensiero halakhico, evidente, positivo, e la sua origine, il nascosto, il suggerito. Con questo metodo interpretativo, dunque, l’intenzione divina viene indagata, sia nel suo essere s-velata, che nel suo essere velata.
Complesso e problematico rimane tutto ciò che riguarda il condizionamento che un pensiero patriarcale ha impresso alla vita umana sul piano sociale e comportamentale per secoli e secoli, come altrettanto problematici sono i cambiamenti impressi nella società e nella ritualità dal fatto che le donne sentano l’esigenza di parlare a voce sempre più alta.
Ma proprio perché sono così complessi e problematici, questi aspetti vanno offerti ad una riflessione più ampia possibile, così che tutti noi possiamo risultarne arricchiti”.
Nell’ambito dell’esegesi biblica, la voce femminile è stata finora una pausa. Ora è pervasa di suoni: le donne iniziano a entrare nel mondo dello studio sistematico delle Scritture, che non è più precluso loro come in passato. Si tratta di una rivoluzione “da dentro”, di un controcanto che non distrugge la tradizione, ma prende in considerazione il passato per dare un futuro al presente.
Già da alcuni anni sono nate, in Israele, scuole per esperte di legge halakhica con il compito di collaborare con i giudici dei tribunali rabbinici per evitare ogni possibilità che le donne vengano penalizzate dalle sentenze; vi sono, inoltre, le midrashot, scuole di esegesi che hanno portato all’uguaglianza intellettuale con i commentatori biblici di sesso maschile. Tra le donne israeliane, ortodosse e non, ve ne sono molte, oramai, che hanno una notevole preparazione talmudica. I capitoli che compongono il presente volume sono la rielaborazione scritta di un ciclo di conferenze che Yarona Pinhas ha tenuto presso il Centro Pitigliani, a Roma, nel 2000. Vi si affronta il tema della spiritualità femminile ebraica con l’intenzione di definire la valenza spirituale del femminile-velato-interno rispetto alla spiritualità maschile-svelata-esterna; ciò è reso possibile dall’esame di figure bibliche – in particolare femminili – che racchiudono, segnalano, mostrano e raccontano il valore e l’azione di tale spiritualità.